
Due giorni in Liguria

Varigotti, 1 – 2 aprile 2010
Varigotti ci accoglie con un cielo grigio e ventoso.
Siamo passati velocemente dalla stazione di Finale per i biglietti del giorno successivo e ora ci sistemiamo per la notte. Cena sobria da Gnabbri e… tutti a nanna.
Il piano è deciso: muoveremo all’alba.
“Francigena” deve affrontare il primo serio collaudo con borse. La nuova bici completamente autocostruita da Armando è nata, appunto, per il viaggio sulle orme di Sigerico.
Breve pedalata sino alla stazione e colazione.
Chiedo al bigliettaio dove sia il vagone apposito per le bici: “Di solito è in testa, ma voi aspettate a metà convoglio e, nel caso, avrete il tempo di spostarvi”. Tipica ambiguità delle FFSS!
Ci appostiamo e attendiamo l’arrivo del treno quasi fossimo i banditi del film “Un treno per Yuma”. Dobbiamo correre verso la fine del convoglio. La carrozza era in coda!
Fortunatamente almeno la porta funziona.
Con le nostre compagne saliamo e ci sistemiamo.
Partiti.
Il tempo plumbeo ci regala gocce di pioggia e qualche lampo.
Mauro gufa e minaccia defezioni portando a nostra conoscenza una serie di controindicazioni mediche che vanno dalla spalla bloccata (stazione di Albenga), ai muscoli freddi (stazione di Alassio) per finire al soprasella dolorante mentre transitiamo nei pressi di Imperia.
Rimaniamo insensibili ai lamenti e controbattiamo con l’ottimismo di chi ha letto le previsioni del tempo.
La pioggia aumenta di intensità pari alle geremiadi ottiniane secondo cui avremmo dovuto restare a letto e, eventualmente, usufruire del treno successivo.
La linea passa proprio in riva al mare ed è uno spettacolo vedere le onde frangersi proprio a fianco dei vagoni. In futuro anche questo tratto sarà dismesso per lasciare il passo ad una pista ciclabile sicuramente spettacolare.
Il nostro viaggio sino a Sanremo ha come obiettivo di passaggio proprio percorrere il primo tratto di questa ciclabile.
Lentamente il cielo lascia trasparire tratti di azzurro. Da ovest il sereno avanza. Il sole lambisce le onde in modo sempre più convincente.
Stazione di Sanremo. Scendiamo nella nuova e sotterranea fermata della città dei fiori.
Un lunghissimo corridoio con tapis roulant e non resistiamo alla tentazione di salire in bici.
La pattuglia di polizia si materializza in groppa ad una macchinetta elettrica stile campo da golf e ci redarguisce. Mentre siamo in sosta idraulica poco prima dell’uscita il poliziotto ci avvicina nuovamente.
Saputa la meta di giornata ed il motivo dell’allenamento, cercare di raggiungere Roma dal Piemonte, si complimenta e ci indica come raggiungere la pista ciclabile.
Compiamo una breve digressione per visitare la chiesa ortodossa . Riusciamo solamente a sbirciare l’interno poiché si sta celebrando il Giovedì Santo. Ci resta l’immagine del pope che sta incensando alcune icone.
Lasciamo il sacro per il profano. Fatti pochi metri saliamo la scalinata del Casinò per una foto sul tappeto rosso.
L’asfalto luccica sotto il sole della riviera. Di fronte alla vecchia stazione inizia il nostro percorso lungo la ciclabile.>br> Non siamo soli, in breve ci rendiamo conto di quanto una pista protetta possa essere importante. Nel tratto cittadino, sulla corsia dedicata, molti passeggiano o corrono con lo sguardo verso il mare.
Siamo affiancati da famiglie ed incrociamo più persone: turisti con le loro bici in affitto.
Alcune brevi gallerie rendono ancora più suggestivo il percorso.
All’uscita di una di esse soccorriamo una ciclista in difficoltà. E’ solo un salto di catena fortunatamente ed in breve riprendiamo il nostro tragitto.
Tratti di scogliera abbelliti da fioriture mediterranee si alternano a stazioni che devono ancora essere recuperate. Una lunga galleria illuminata ci porta al termine di questo tratto.
Purtroppo a San Lorenzo al Mare tutto finisce, per ora.
Si torna nel traffico dell’Aurelia.
Con i classici saliscendi liguri arriviamo ad Imperia.
La strada ci porta al bacino portuale di Oneglia.
Vecchi binari annegati nell’asfalto ci guidano sino al fronte del porto.
L’ampia spianata che accoglieva le merci è diventata luogo di ritrovo.
Dondolano lentamente ormeggiati alla banchina alcuni pescherecci.
Una lapide ricorda i navigli “General Gassouin” francese, “Artiglio II”e “A.Papa”, italiani, “Sparta”e “F461 C” germanici, “Dawn” inglese. Immagino le navi semisommerse nello scalo, minato dai tedeschi in fuga.
Tutte cose, queste, che obbligarono ad un duro e rischioso lavoro di ripristino i portuali.
Oggi locali e turisti si muovono fra il mare e i caffè sorti nelle vecchie case del porto. Qualcuno degli avventori di questi locali, pipa in bocca e bicchiere di bianco sul tavolo, si sarà immerso ieri fra quei relitti?
Le campane della vicina chiesa battono dodici tocchi.
Mezzogiorno. Ci concediamo focaccia e sosta.
Lasciamo il mare per affrontare uno dei capi che caratterizzano questo tratto di costa.
Capo Berta: si sale velocemente e altrettanto in fretta si scende.
Passiamo Cervo, di cui scorgiamo la chiesa principale, arroccata in alto, troppo in alto per noi.
Altri capi si susseguono.
Dall’alto di questi promontori si scorge il nostro punto d’arrivo, il borgo colorato di Varigotti.
Ancora più in in lontananza riconosciamo il profilo delle Cinque Terre.
Sostiamo in alto sotto alle grandi lettere appese alla parete che recitano: ALASSIO. In basso il porto e di fianco a noi, per nulla infastiditi, i gabbiani danno prova della loro bravura in volo.
La Gallinara, isola solitaria e antico ritiro di San Martino, ci si affianca mentre ci avviciniamo ad Albenga.
Sosta nel piacevole centro storico per un ristoro.
Romanico e gotico si sovrappongono fra le strette vie chiuse da una antica cinta muraria. Fervono i preparativi per la Pasqua, la chiesa locale annuncia il Triduo e nel frattempo di fronte all’edificio di culto sta sorgendo un giardino fiorito con tanto di colonne romane.
Il cielo si copre, aumenta il vento e le nuvole si accalcano.
Mentre riprendiamo la strada cadono le prime gocce. Affrontiamo il temporale cercando di anticiparlo. Siamo fortunati e la poca pioggia non ci infastidisce troppo.
Superiamo una lunga coda di auto. Un incidente a Borghetto. Possiamo sfilare senza inconvenienti mentre la polizia fa i rilievi e si rimuovono i mezzi coinvolti.
Torna il sole e in breve siamo a Finale.
Sosta sul mare. Il clima mite e la felice esposizione delle panchine invogliano al giusto riposo. Varigotti dista ormai pochi chilometri. In compagnia di allegri pensionati che si godono il tepore della riviera ci rilassiamo facendo il punto della giornata: abbiamo percorso circa 95 chilometri, la media non supera i venti (19,4). Consultiamo ancora gli strumenti e l’oracolo del ciclista ci educe sul dispendio calorico procapite. Gli occhi si illuminano mentre, affacciati sul mare, riflettiamo su altrettanti misteri e bellezze della vita.
Le ombre lunghe della sera sfiorano il mare mentre saliamo i gradoni che portano alla torre di avvistamento sopra Varigotti.
A Punta Crena si domina la costa.
Verso il Malpasso e Noli il mare è profondo e le ripide pareti di roccia scompaiono nel blu intenso. La mareggiata sta terminando e le onde si placano poco a poco.
Il vento profuma di sale e rosmarino. Ci affacciamo sul vuoto come bambini, attratti e insieme spaventati dal vuoto, per scorgere la spiaggia sottostante.
Fra noi e il mare ali di sule e gabbiani.
Una breve arrampicata senza rischi e si chiude questa bella giornata.
Giovedì Santo, cena del Signore.
Dopo la funzione ritrovo, per noi abbonati al peccato di gola, nella Trattoria Gnabbri.
Varigotti – Colle Scravaion – Varigotti
Il piccolo cellulare-faro lampeggia nella penombra.
Manca poco alla sveglia e alle inevitabili lamentele di Mauro.
Armando per una vita si è svegliato alle 4 del mattino e non fatica a farlo alle 6.30.
Chi scrive si alza più facilmente specie se il programma è quello odierno.
Cercheremo si simulare la parte più impegnativa del viaggio verso Roma sulle tracce della Via Francigena: la salita verso il Monte Bardone l’odierno Passo della Cisa. Siamo in discreta forma dopo la fatica di ieri. Muniti di focaccia dell’Enrica partiamo verso Loano. Sfruttando il traino di un collega ciclista meno carico sfiliamo velocemente sulla litoranea.
Un passaggio a Toirano centro ci permette di rifiatare e di rifornirci di banane.
Affrontiamo con saggezza la salita verso Balestrino e i suoi bei paesaggi.
Ben coperti scendiamo a Vercesio e in breve al bivio di Castelvecchio.
Saliamo, senza molta fatica, il falso (poco falso, molto falso, falsissimo?) piano sino al Colle Scravaion in un paesaggio che muta sino a divenire alpestre.
Sosta breve a Giro di Loano dove la strada compie un ampio tornante e a valle si apre un intaglio che ci lega al mare con lo sguardo.
Siamo a 814 msl e a una scelta.
Scollinando verso Bardineto scenderemmo nell’entroterra e dovremo affrontare il Colle del Melogno per rientrare sulla costa.
L’aria è pungente e le nuvole si addensano.
Preferiamo quindi rientrare verso Albenga.
La strada si svolge con ripetuti tornanti.
Pare di pedalare sul dorso di un antico serpente colto a prendere il sole sul ripido versante e tramutato da un incantesimo di streghe in pietre e asfalto.
I tornanti a monte sono stati ricavati nella roccia, con sapienti lavori da dinamitardo, spaccando l’antica pietra.
Altrettanti tourniché, a picco sulla valle sono nati con il riporto del materiale.
Sosta in discesa a Zuccarello, antico paese medioevale ben ristrutturato. La strada principale del borgo è percorsa da una doppia fila di portici, a probabile testimonianza della necessità di spazi aperti e protetti per il commercio.
Veleggiando nel blu ci osservano dall’alto alcuni rapaci. Con volo veloce, silenziosamente invidiati dagli uomini di terra, scompaiono dietro i ruderi del castello che domina la valle e l’ abitato.
Dai manifesti elettorali apprendiamo le spese effettuate dalla giunta uscente e le contestazioni dell’opposizione. Un gatto nero si lecca beato al sole e ci osserva con fare indolente: che sia la strega del potente sortilegio stradale?
Riprendiamo la discesa prima che ci trasformi in rospi.
Sosta per foratura.
Tagliamo verso Campochiesa per rientrare sulla trafficata Aurelia a Ceriale.
Ricalcando i passi di ieri in breve facciamo sosta alle “solite” panchine.
Abbiamo pedalato facendo un anello simile al percorso del filo che deve infilare un ago.
La sarta prende il filo-ciclista lo alza sino a vederlo da vicino e poi lo passa velocemente nella cruna-strada.
Siamo andati oltre per ritornare.
Cosa che succederà anche nel viaggio verso Roma. Come in questi due giorni torneremo migliori. Più stanchi ma rilassati.
Il diario di giornata si ferma a 92 chilometri con contestazioni sul dislivello.
Io sono per la versione meno di mille, mentre leggo negli sguardi di Armando e Mauro una diversa interpretazione dei dati altimetrici.
Passa la proposta di un acquisto che ci metta definitivamente al riparo da questa filosofiche diatribe. Lo strumento verrà montato sulla “Francigena” di Armando che diventerà inevitabilmente il nostro Metro Campione.
Tratteremo più avanti chi debba diventare il Campione Metro.
Certamente tutti siamo consapevoli che la tappa odierna è stata più dispendiosa e faticosa della precedente.
Ci proponiamo altri allenamenti simili, solo dopo due tre giorni di tragitto consecutivi si potrà determinare la vera preparazione in vista di un viaggio di circa 800 chilometri.
Siamo soddisfatti. Doccia, birra e rientro a casa.
Alla prossima.