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Monte Pasubio e la Grande Guerra

Monte Pasubio e la Grande Guerra

26/27 luglio 2014 – Rovereto

 

ANTEFATTO – Un tuffo nella Storia della Grande Guerra.
by

“il colore delle bandiere era diverso, ma il colore del sangue versato su questi monti

e il dolore patito dalle famiglie era uguale!”

pellanda gabriele profilo 1Il meteo è stato inclemente, ha sconvolto i nostri programmi, rivoltato i progetti studiati a tavolino, ma alla fine abbiamo raggiunto il nostro scopo. Sul Pasubio ci siamo arrivati, sia a piedi sia in bici.

Già dalla partenza da casa, la pioggia ė stata nostra fedele compagna. La (vana) speranza di un miglioramento all’arrivo a Vallarsa, sede dell’albergo ai piedi del Pasubio al Pian delle Fugazze, è presto scomparsa. Approfittiamo della sosta forzata per visitare il Museo e l’Ossario dei caduti, italiani e austriaci, e cominciare un viaggio nella Storia. Dopo l’imprevisto pranzo in albergo che ha sostituito quello programmato detto “delle tre barrette”, la pioggia ci dà una tregua e così decidiamo di anticipare la salita a piedi al Pasubio dalla “Strada delle 52 Gallerie”. Un’opera straordinaria, costruita scavando interamente la in soli sette mesi, tra la primavera e l’autunno del 1917, creando una strada alternativa a quella già esistente degli “Scarubbi”, sottoposta al fuoco nemico, per comunicare e rifornire il Campo delle Operazioni posto in vetta sul Dente Italiano.
Raggiunto il Rifugio Papa, la nebbia ha nuovamente lasciato il posto alla pioggia, che ci ha preso per mano e accompagnato per tutti i dieci chilometri di discesa dalla Scarubbi! Mai una doccia calda è stata così apprezzata!

Domenica gli occhi sono andati subito al cielo, il meteo dava speranze il mattino e peggioramenti nel pomeriggio, e allora via subito in sella per salire al Pasubio in dalla “Strada degli Eroi”, costruita dopo la fine della guerra per recuperare i corpi dei soldati morti, da cui il nome.
Raggiunto nuovamente il Rifugio Papa, abbiamo proseguito la salita sino alla vetta, teatro della guerra di posizione sui Denti, due speroni di roccia separati tra loro “3 minuti a piedi”, che delimitavano il confine italiano da quello austriaco. Nella spianata sottostante, un gruppo di Alpini, come da loro tradizione, ci ha simpaticamente accolto e con loro abbiamo condiviso la “Preghiera dell’Alpino” nella chiesetta e un piatto di pasta accompagnata da un bicchiere di vino,… anzi, più di uno! Con l’invito a tornare, ci congediamo dalle penne nere e rifacciamo al contrario il percorso del mattino sino all’albergo. Una doccia veloce e poi via verso casa, le nostre famiglie ci aspettano.

Questa ė stata un’uscita diversa, volutamente diversa, dove la è passata in secondo piano, è stata solo il mezzo, assieme alle gambe, per raggiungere il luogo. Certo, la goliardia del Team non è venuta meno, ma in tutti noi, inconsciamente, ha preso il sopravvento la compostezza, il rispetto del luogo in cui eravamo. E alla fine, chi più chi meno, è stato toccato nel cuore e qualche domanda se l’è posta. Su queste terre, su queste cime, bellissime, spettacolari come lo sono le montagne trentine, centinaia di migliaia di uomini sono morti. Ma perché?
Chi scrive aveva un ricordo di questa guerra piuttosto vago e ricco di enfasi e retorica dai tempi scolastici di elementare memoria (ormai di parecchi anni fa…) e il venire in questi luoghi, leggere articoli e sentire racconti del posto ha scoperto una realtà diversa. Torna da questa bellissima esperienza con occhi e pensieri diversi, e fermamente convinto che tutti dovrebbero venire a “respirare” questi luoghi per tornare più umani e meno diversi.

E’ vero che la Storia si ripete, e purtroppo è anche vero che non sappiamo trarne insegnamento per non ripetere gli stessi errori. All’epoca, per il solo interesse e stupidità di pochi personaggi al comando, incapaci ma carichi dell’arroganza del potere, frutto di “amicizie” e compiacenze a scapito di reali meriti, sono stati mandati letteralmente al macello centinaia di migliaia di uomini. In tutto questo, purtroppo, ci sono molte analogie con i nostri giorni! Un esempio sono le ancora fresche immagini e parole spese nel classico “carosello” mediatico con retorica politica tutta italiana del come “vantarci” dell’operato fatto per aver riportato la nave Concordia a Genova…! Quasi due anni…per celebrare con enfasi una vergogna! Personalmente ritengo che sarebbe meglio vantarsi dell’opera di queste gallerie, di questa ingegneria italiana che 100 anni fa, 100 non 10…, senza computer e gru idrauliche ha realizzato un’opera cosi imponente in soli 7 mesi e in piena zona di guerra!

Se penso a Cesare Battisti, credo che la sua idea di Italia, mentre veniva impiccato, non comprendesse figure come Renzi, Berlusconi o altri galantuomini e neppure esempi come Balotelli o Schettino!

Ma vabbė (o vabb’uó per restare in tema…), è un mio pensiero e questa è l’italia!

 

Piccole Dolomiti, grandi emozioni  

by Re Leone

 

patriarca ettore profilo 1Le Piccole Dolomiti stanno fra le più conosciute zone del Garda e dell’Altopiano dei Sette Comuni.

Pasubio, Carega, Zugna alcune fra le cime simbolo della zona. Oggi a noi bastano i pochi chilometri di strada che portano da Rovereto a Pian delle Fugazze per passare dal caos dei vacanzieri di passaggio nella valle dell’Adige a un mondo fatto di silenzi nella valle scavata dal torrente Leno. Poche case e una chiesetta, piccole frazioni sui “dossi”, segnano la dorsale dello Zugna: San Rocco, Matassone, Sant’Anna. Poi Anghebeni, Raossi, Parrocchia sull’altro versante. Questa è la comunità della Vallarsa ai piedi di boschi che si perdono fra i “vaj”, ripidi canaloni che portano verso i gruppi che chiudono la valle. A nord dell’antico confine austriaco di Pian delle Fugazze il massiccio del Pasubio, a sud oltre il Passo di Campogrosso il gruppo della Carega. Nel mezzo, quasi a chiudere il passaggio, le guglie del Monte Cornetto.

La storia che ha segnato duramente questi altipiani pare aver dimenticato le valli del Pasubio. Verso la pianura vicentina località turistiche (Recoaro Terme) e città industriali (Schio, Valdagno), turismo di massa a Folgaria e ad Asiago.

Nell’alta valle dove alloggiamo restano pochi turisti sotto un cielo oggi ancora azzurro ma che non promette bene per il resto del fine settimana. A Pian delle Fugazze siamo ospitati in un albergo che fu posto di confine, ricordato oggi poche centinaia di metri oltre il passo da un cippo e le bandiere austriaca e italiana.

 Il nostro viaggio nei ricordi

Il nostro viaggio sui luoghi della Grande Guerra è cominciato da alcune ore con una sosta sulle alture di Rovereto dove, sul Colle Miravalle è posata “Maria Dolens”, la Campana dei Caduti. Ideata dal sacerdote roveretano don Antonio Rossaro, per onorare i Caduti di tutte le guerre venne fusa a Trento il 30 ottobre 1924 col bronzo dei cannoni offerto dalle nazioni partecipanti al primo conflitto mondiale.

Il 31 agosto 1960, per una grave irreparabile incrinatura, la Campana cessava di suonare ed il 1° agosto 1964 veniva rifusa presso le fonderie Capanni a Castelnovo Né Monti (Reggio Emilia).
E’ la più grande Campana del mondo che suoni a distesa, alta oltre tre metri e del peso di 220 quintali, benedetta a Roma in Piazza S. Pietro, dal S. Padre Paolo VI il 31 ottobre 1965. Sul manto di “Maria Dolens” sono incise le frasi dettate dai Sommi Pontefici Pio XII: “Nulla è perduto con la Pace. Tutto può essere perduto con la guerra” e Giovanni XXIII: “In pace hominum ordinata concordia et tranquilla libertas”.Da oltre ottant’anni la Campana dei Caduti, fa udire ogni sera i suoi rintocchi per celebrare i Caduti di tutto il mondo, senza distinzioni di fede o di nazionalità e per rivolgere un severo monito ai viventi: “Non più la guerra”.

 Il Monte Cornetto

Oggi pomeriggio le bici restano nel bagagliaio e infiliamo gli scarponi. Abbiamo deciso di salire il M.te Cornetto per cercare avere una visione d’insieme dei gruppi Carega e Pasubio. Ci anticipano le nebbie togliendo la vista generale (meglio sarebbe l’autunno) ma regalando scenari degni di un mondo fiabesco. Seguendo le indicazioni del gentile e disponibile albergatore ci avviamo nella faggeta che si inerpica fra le guglie. Il sentiero sale con pendenza costante sino alla Selletta Nord-Ovest selle tracce del Sentiero Europeo E5 che dal Lago di Costanza porta all’Adriatico. La traccia esce dal bosco e ci porta in breve verso la croce di vetta. Le nebbie lasciano filtrare una fortissima luce diffusa. Scendiamo alla ricerca della via attrezzata di arroccamento. Ritornati al colletto risaliamo la panoramica traccia che taglia risalendo le pareti con passaggi esposti e gallerie in parte franate e senza eccessive difficoltà arriviamo sino al Passo degli Onari. Le guglie da cui siamo circondati svaniscono e riappaiono fra le nebbie, un posto di guardia ci svela scorci della pianura vicentina. Alcune brevi gallerie e siamo alla Sella dell’Emmele da cui scendiamo lungo la mulattiera costruita dai militari italiani sino alla Strada del Re per raggiungere il monumentale Ossario inaugurato nel 1926 che sorge sul Colle Bellavista. Una serie di cannoni sul piazzale punta sulle creste del Pasubio e la strada delle 52 Gallerie. Dal basamento la vista spazia sino all’Altopiano di Asiago e oltre. Alla base della torre si apre la porticina di ferro battuto che dà accesso all’ossario. Uno stretto corridoio segue il perimetro dell’edificio, sul quale si aprono celle chiuse da porte traforate, attraverso le quali sono visibili le ossa e i teschi dei caduti ignoti. Il freddo dell’edificio ci rende ancor più partecipi alla tragica fine di questi caduti e, nel contempo, felici di esser vivi. Nel bar che funge anche da biglietteria per il piccolo museo ci concediamo una meritata birra. Alcuni locali impegnati nell’aperitivo serale ci confermano che siamo in terra di confine, non solo fra Trentino e Veneto, tanto che ancora si usa dire “vado in Italia” per chi scende verso la pianura veneta.

Cosa sia stata la guerra in queste zone lo si può intuire da questi brevi scritti:

“Ricevete baci e baci vostro obbligatissimo figlio Guerrino. Scusate il mio cuore si vuol sfogare e piango. Chiudo.” questa la chiusa della lettera datata 13 aprile 1915, inviata ai genitori da Guerrino Bruni di Avio, trentaquattro anni (moglie e quattro figli, il quinto in arrivo) alla vigilia della partenza per il fronte.

Ancora lui scrive:

22 luglio, 1916 – Rovereto In quel giorno furono decorati quelli della mia squadra che rimasero indietro a incendiare le case in Vallarsa. Erano tutti tedeschi che noi non ci lasciarono.”

Guerrino Bruni

 

 Il Pasubio I: Le 52 Gallerie, discesa dagli Scarrubi

 

 La canzone del Monte Pasubio di Bepi De Marzi

 

Su la strada del Monte Pasubio,
lenta sale una lunga colonna,

bomborombon bom bomborombom.

 L’è la marcia de chi non torna
de chi se ferma a morir lassù.
Ma gli alpini non hanno paura,

bomborombom bom bomborombom.

Su la cima del Monte Pasubio,
soto i denti ghè ze ‘na miniera,

bomborombom bom bomborombom.

Zè i alpini che scava e spera
de ritornare a trovar l’amor.
Ma gli alpini non hanno paura,

bomborombom bom bomborombom

Su la strada del Monte Pasubio,
zè rimasta soltanto ‘na croce,

bomborombom bom bomborombom,

no se sente mai più ‘na voce,
ma solo el vento che basa i fior.
Ma gli alpini non hanno paura,

bomborombom bom bomborombom.

 

La pioggia incessante che ci ha conciliato il sonno continua: accogliamo il resto del Team Dahü fra tuoni e violenti scrosci. Giocoforza attendere un miglioramento e nell’attesa visitare ancora con loro l’Ossario.

Dopo pranzo siamo al Colle Xomo e, in breve, alla Bocchetta di Campiglia.

La carrozzabile italiana che saliva al Pasubio era esposta al fuoco nemico, veniva mascherata e percorsa di notte a fanali spenti con grandi rischi. Da queste considerazioni nasce la necessità di costruire una via alternativa. E grazie all’ingegno e all’impegno del genio minatori il tenente Zappa e il sottotenente Cassina progettano e realizzano il percorso che ci accingiamo a salire.

Tra le mulattiere che salgono verso il Pasubio la Strada delle Gallerie è certamente la più spettacolare. Costruita in soli sette mesi per rifornire la zona di vetta senza esporre le salmerie al fuoco del nemico è, ancora oggi, una meraviglia dell’ingegneria militare. Le 52 gallerie e tutto il percorso sono uno spettacolare susseguirsi di emozionanti scorci aerei. Guglie, ghiaioni e canaloni vertiginosi si susseguono senza interruzione. La traccia segue aree cengie e buca con gallerie, anche di notevole lunghezza, picchi altrimenti insuperabili. Sfruttiamo al meglio il breve miglioramento del tempo e ci incamminiamo da Bocchetta di Campiglia (1216 mt) verso le Porte del Pasubio dove termina il percorso, nei pressi del rif. Papa a quota 1928. Le volte delle gallerie trasudano a causa delle abbondanti piogge, lacrima ancora la che ha visto soffrire e morire la meglio gioventù europea dal 1916 al 1918. Camminiamo con queste emozioni nel cuore, accompagnati nell’ultima parte della salita da nebbie umide che preannunciano la fine della breve tregua e l’arrivo del temporale. Siamo fortunatamente al riparo quando gli scrosci violenti trasformano la strada di fronte al rifugio in un fiume in piena. Discesa per la strada degli Scarrubi sotto una pioggia fine e incessante. Pare autunno inoltrato e il Team Dahü scende solitario il vallone sotto le mantelline, sola presenza il biancore di un gregge che attende paziente un tempo migliore. La serie infinita di tornanti si perde nelle brume del giorno che finisce. Una buona doccia, la cena e anche l’umidità passa in secondo piano.

 Il Pasubio II: La strada degli Eroi

Il tempo pare darci modo di inforcare le biciclette e risalire sul Pasubio. Questa volta attraverso la Strada degli Eroi che inizia a poche decine di metri dal Passo delle Fugazze. Il percorso ricalca una delle mulattiere che servivano la vetta. Ampliata nel dopoguerra allo scopo di renderla percorribile ai mezzi a motore servì per il recupero delle salme degli innumerevoli caduti. Oggi è la più frequentata dagli escursionisti che possono eventualmente avvalersi di un servizio navetta sino alla Galleria d’Havet 1797 mt e raggiungere la “Zona Sacra” in breve tempo. Le pendenze miti e il fondo ottimo rendono agevole la pedalata e in circa 10 km si superano 800 mt di dislivello per giungere al rif. Papa a cui vanno aggiunti ancora altri 300 mt per la zona del fronte dove si trovano i due Denti italiano e austriaco. Si pedala, con qualche difficoltà, sino alla chiesetta di Santa Maria del Pasubio. Oggi noi siamo ospitati dal gruppo vicentino Alpini Monte Pasubio e saliamo ai Denti sapendo che avremo un pasto caldo e un tetto sulla testa per il pranzo. Risaliamo in silenzio il pendio percorrendo le innumerevoli trincee e il terreno tormentato dalle bombe. Le rocce grigiastre sotto il cielo plumbeo prendono vita solo grazie ai fiori che sfidano la quota e il freddo di questa strana estate. A tratti emergono brandelli di reticolati e altri resti metallici. La grande mina austriaca ha devastato la cresta. Gli immensi blocchi accatastati che risaliamo sono stati, forse lo sono ancora, una tomba. Poche decine di metri, circa la lunghezza un campo di calcio, dividono le opposte trincee. Salgo il dente austriaco e distinguo bene gli amici sull’altro, in pochi minuti li raggiungo.

Il Pasubio fu uno tra i più tormentati campi di battaglia del fronte italo-austriaco: più di diecimila soldati morirono sulle sue cime, a causa di scontri e bombardamenti, malattie, incidenti o valanghe.

Nel 1915, a seguito dell’arretramento della linea difensiva, il Pasubio fu abbandonato dall’esercito austro-ungarico e occupato dalle truppe italiane. Con l’offensiva della primavera del 1916 gli austro-ungarici riuscirono a riconquistarne una buona parte. I violenti scontri, i fuochi delle artiglierie, i sanguinosi assalti non riuscirono a dare una svolta alla logorante guerra di posizione che ne seguì. Per sbloccare questa situazione si diede il via ad una guerra di mine, la più lunga di tutto il fronte europeo. Tra il settembre del 1917 e il marzo del 1918 si alternarono dieci terribili esplosioni, cinque italiane e altrettante austriache, che provocarono decine di vittime e mutarono il profilo del Dente Italiano. Percorrendo la cresta prendono vita i luoghi di cui prima avevamo solo letto. La Selletta Damaggio, Cima Palon, il Soglio dell’Incudine: ogni passo può esser collegato ad una azione di guerra e alle sue vittime. Il vento e il silenzio sono oggi padroni della montagna, i pochi escursionisti sono pellegrini in questo grande scenario di storia.

La messa che il gruppo Alpini Monte Pasubio si è preso carico di celebrare durante le domeniche estive termina con al preghiera dell’alpino sempre commovente.

LA PREGHIERA DELL’ALPINO

 Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi
ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade,
noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto,
eleviamo l’animo a Te, o Signore,
che proteggi le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani
e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi.

Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi,
armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta,
dall’impeto della valanga.
Fa che il nostro piede posi sicuro su le creste vertiginose,
su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi.
Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria,
la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana.

E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza ed ogni sacrificio di tutti gli alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito ed ogni speranza di tutti gli alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri battaglioni ed ai nostri gruppi.

Così sia.

Passiamo alla tavola con i cori, il vino e gli scambi di conoscenze che ci fanno tornare il sorriso. Non si può indugiare oltre, purtroppo l’immancabile pioggerella anche oggi costringe i Dahü a una rapida discesa.

 Aneddoti del Dahü

Se non siete ancora del gruppo prendete queste righe come un supplemento da saltare a piè pari. Sappiate che ogni frase nasconde prese in giro, grandi risate e la personalità di ogni componente del Team Dahü. Potrete farvi spiegare tutto partecipando a qualche uscita con noi: sarete i benvenuti, Vi aspettiamo.

  • La matematica dei megapixel: quanti ne ha la macchina fotografica del Capitano? 12 1.2 12.000.000
  • I capricci del Capitano e la ( poca) pazienza del Saggio Gi Pella: bucare è umano insistere sulla prudenza è troppo?
  • La foto già fatta del Mariuolo: forse è meglio verificare la posizione del selettore
  • Non si può neanche mettersi a dormire che subito vengono a svegliarti: Re Leone dixit, i maligni affermano che sembro una pentola a vapore, sarà…

 

La nostra galleria fotografica

Circa l'autore

gipelladmin

"Elettricista per lavoro. Webmaster, fotografo e amministratore del sito e della pagina facebook per il Team DAHÜ Italia. Dal 2010 ha abbandonato i rettangoli verdi e tutto l'ambiente del calcio per dedicarsi alla MTB. Non disdegna le salite, dove sbuffa come una caffettiera, ma adora le discese tecniche e sprericolate, dove si tuffa come un bambino sulla nutella, dimenticandosi il buon senso, l'età...e che le ossa si rompono! Appassionato di montagna, fotografia e di tutto quello che è tecnologia, rigorosamente ed orgogliosamente da autodidatta."

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