
Monte Zerbion 2010

M.te ZERBION, 29 luglio 2010
Chi attraversa la Valle d’Aosta ha sovente occasione di osservare la particolare cura con cui gli abitanti addobbano le loro abitazioni. Antichi muri abbelliti con rigogliose fioriture, finestre incorniciate da preziosi merletti e, immancabili, gli animali a far da cornice vivente al quadro.
La sfilata di pezzate bruno alpine accompagna i rituali di partenza.
Salutiamo i pastori mentre montiamo le nostre bici sotto un cielo gravido di pioggia.
In questi giorni l’estate sembra finita, anche se agosto deve ancora iniziare.
Pochi giorni or sono la Pattuglia Astrale boccheggiava nella canicola.
Oggi, rientrata nei ranghi del Team Dahü, dovrà fare i conti con altri climi.
Armando ed io, alla seconda salita su questo versante, ci prodighiamo in consigli.
Salita dura e costante, strappi notevoli e pochi margini per rifiatare impongono prudenza.
Il gruppo resta in silenzio ma annuisce con convinzione.
Il verde dei prati e un cane da pastore in vena di escursionismo accompagnano la nostra pedalata.
La strada sale, l’asfalto segna i tratti più ripidi del percorso, diversamente anche i quattro per quattro avrebbero problemi di tenuta.
Nel cielo sempre più basso si sfilacciano nuvole nere e la pioggia segna i nostri occhiali. Terrà sino in vetta?
Sono stupito del traffico, la strada interpoderale dovrebbe essere appannaggio di pochi pastori invece siamo stati affiancati e superati da vari automezzi. Strano.
Lasciamo la protezione del bosco e ci avviamo verso la cresta, il vento sale di intensità.
Il vento freddo tiene lontano la pioggia e lascia sperare che la salita possa proseguire.
Le mucche brucano indifferenti mentre la cima dello Zerbion ci appare in lontananza.
La rampa più ripida della salita ci fa guadagnare la cresta. Non c’è tempo per ansimare, dobbiamo coprirci in fretta. Indossiamo tutto il vestiario in nostro possesso fra folate di nebbia gelida.
Benedetti guanti e cappelli che a lungo sono rimasti negli zaini, magari la prossima volta ci portiamo anche una maglia in più.
La strada termina e ci lascia sul bordo del precipizio, il versante precipita per centinaia di metri verso valle. Bisogna pedalare accorti sulla traccia di cresta: freni e prudenza.
Un cartello indica “Ristoro alpino”. Ecco svelato il mistero: oggi dai due versanti salgono pellegrini in processione sino alla statua della Madonna che orna la vetta. Al colle la distribuzione di brodo caldo e altri generi di conforto, a cura del locale gruppo alpini, è gradita a tutti.
Ci tiene ancora compagnia il nostro amico a quattro zampe che resta in attesa di qualcosa da mettere sotto i denti.
Lasciamo le bici poco oltre e ci avviamo a piedi mentre il vento, freddo ma amico, sta aprendo squarci di azzurro.
Ci accodiamo ai gruppi che ancora salgono verso la vetta. Siamo veramente in molti a dispetto delle brutte condizioni del tempo.
Spunta fra le nubi il sole a scaldare i tanti che sono saliti sin quassù.
Giochi di luce nella valle di Ayas. Mentre il Rosa rimane coperto la statua di Maria si impone in primo piano a proteggere i tanti, tantissimi saliti oggi sin quassù.
Giovanni Calchera (1907-1994), poeta piemontese, ha dedicato questi versi alla Madonna dello Zerbion:
“Una Madòn-a ch’a smija d’argent,
coma ‘nt una preghiera a slarga ij brass
a protession dla Val e dal gent
ant una eterna invocassion ed pas.”“Una Madonna che sembra d’argento,
come in una preghiera allarga le braccia
a protezione della Valle e della sua gente
in una eterna invocazione di pace.”
A noi, umili pellegrini di ritorno da Roma, resta il pensiero dei tanti che non possono essere fra noi oggi. Fra tutti, Corrado, che è in ospedale ad Aosta. Al rientro passeremo a trovarlo, quindi giù verso la vallata se vogliamo anche mangiare.
Ripercorriamo la via crucis firmando il libro custodito della statua del Cristo a picco sulla valle e ci buttiamo verso le bici. Arrivo alle macchine in ordine inverso a quello di salita. Abluzioni alla “solita” fontana con l’acqua, limpida e gelida, che ritempra animo e corpo.
Ciao Zerbion, arrivederci!
Ciau Zerbion, arvezzi!
(per dirla in “piemunteis”).