Via del Sale 2010
LIMONE PIEMONTE, 26 giugno 2010
Una Banda di bimbi
Un gruppo di bambini che gioca offre uno spettacolo essenzialmente sacro.
Che poi questo accada in un polveroso campetto di periferia, in un parco o su di una strada poco importa.
Godetevi questi momenti, bambini, non è facile essere felici. Se vi appare incongruente quello che state leggendo, diremo poi il perché.
Limone 1400 è un aneurisma che dilata, sino a farla scomparire, la vecchia strada per il colle.
Malefici funghi cementizi si alzano ai lati delle radure d’asfalto, cresciuti da spore lanciate dall’urbanistica anni sessanta avida di alloggi a basso costo.
Da questo desolante centro di avidità partono più sciovie, arti di acciaio che graffiano stabilmente il verde scuro del bosco.
Nessuna riflessione, nessun affetto ha salvato questo angolo di Piemonte. Un desolante, e innaturale, silenzio circonda l’incongrua piscina. I due gestori, a cui chiediamo di poter riempire le borracce, paiono personaggi di Buzzati. Attendono, vicini alle griglie e armati di spiedini, improbabili orde di turisti. Un vecchio camper pubblicizza gite al mare e escursioni all’isola Gallinara. Occorre riflettere sull’ambiguità della natura umana, sei qui e vorresti esser altrove.
Seguendo questo terribile pendolo di Foucault ci saranno racconti autunnali di difficile comprensione (…non era in vacanza in montagna?).
La strada recupera la sua integrità.
Fra i prati e la fioriture estive il gruppo si sgrana. I tornanti, disegnati con pendenze mai eccessive, ci guidano verso il confine. Ogni sguardo è un’immersione colorata, una tavolozza viva di Musante.
In basso, bloccate dalla crisi economica, ma sempre pronte a riprendere l’avanzata verso le Terre Alte, le truppe cementizie nei loro accampamenti. Potrebbero bastare alcuni inverni più nevosi del solito, a risvegliare il silente gigante edilizio che si ciba di natura e condoni tombali.
Viene da Fossano l’ignoto e simpatico cicloturista. Con il suo accento torinese ci offre la sua solidarietà sui tornanti prima di tornare alla pianura.
Di lui sappiamo solo questo: ci basta per annoverarlo fra gli amici di giornata. Mancano poche centinaia di metri alla cresta. La posizione incongrua del cippo di confine, in basso e a mezzacosta, ci ricorda che abbiamo sfidato l’Europa e il Mondo.
Perdendo.
Non fu, purtroppo, solo una partita di calcio.
In questo blocco di granito targato 1947 ci sono i sogni infranti di Mussolini. La pugnalata alle spalle dei nostri vicini francesi rivelò, sin da subito, un suicidio.
Nel freddo giugno del 1940 centinaia di soldati italiani congelarono su queste strade cercando, invano, di raggiungere i fondi valle e il mare. L’inizio tragicomico, se non ci fossero stati i morti, del Secondo Conflitto mondiale ci segue. Lo rivediamo attraversando i vecchi forti ottocenteschi e appollaiandoci sulle, più recenti, rovine di cupole in cemento armato che guardano verso la Valle Roya.
Il forte Tabourde è un magnifico belvedere. Di fronte, a ovest, la Valle delle Meraviglie con i suoi antichi graffiti rupestri.
A sud, una prua di roccia che aspetta vento amico per raggiungere il mare. In basso i mille tornanti incisi nella roccia che salgono verso il Col di Tenda. Spargendo vividi colori le praterie alpine vivono la loro breve estate. Il vestito a festa della brughiera serve ad attirare in quota gli infaticabili insetti impollinatori.
Riusciamo, non è difficile, a perderci in questo spettacolo. Siamo bambini in una favola ben raccontata.
Le ginocchia della montagna, Nonna grata e accudente, ci cullano in infiniti giochi di luce e cambi prospettici.
Riceviamo i rimbrotti dei più grandi che vivono con apprensione i nostri mille scatti fotografici, siamo in ritardo…per il pranzo, per tornare, forse nella vita tutta?. La nostra sindrome di Arsenio Lupin non si placa. Siamo, speriamo di esserlo, ladri di immagini. In fuga alla ricerca della giusta, e sempre sfuggente, prospettiva. Il passaggio al Col della Perla è il rientro definitivo in Italia.
Lanciamo gli ultimi sguardi verso l’orizzonte che nasconde il Mediterraneo. Inattesa risalita, l’ultima, fra laghetti verdi e muri di neve sino al Colle Campanino.
Inizia la discesa.
Veloci pendii a traverso le piste si alternano con tratti di tecnico single track. Una piroetta, fortunatamente innocua, catapulta nell’erba il ciclista distratto. Unico danno postumo la perdita della borraccia.
I più veloci si sfidano nel ripido, bellissimo, bosco.
Gli Dei puniscono l’azzardo gratuito: c’è chi paga col sangue, chi solo con una foratura.
Macchie gialle a bordo strada, le ultime fioriture di maggiociondolo appassiscono sotto il sole.
Con l’asfalto tornano le regole che vigono in città. Riappaiono spettri di mogli accudenti che esigono rientri veloci, si alzano voci suadenti e remissive frasi sussurrate.
Gli adulti stanno con l’orecchio al telefono.
Parlano con toni gravi.
La serietà nasconde l’inevitabile.
L’ansia, malattia incurabile, segna come un aratro il confine adulto/bambino. Nell’ultima birra si perde la fiaba.
Resta, sul verde del prato, una banda di bimi che gioca.
NOTE TECNICHE
L’antica Via del Sale fu strada di commerci, legali e non, attraverso le Alpi Liguri e il Mediterraneo.
Le sue acciughe, a coprire illeciti traffici salini, hanno inventato la “Bagna Cauda” e le successive alitosi ammazza vampiri.
Innumerevoli strade militari sono, oggi, campo di gioco per le MTB e tracce per notevoli escursioni.
Le immagini sono state scattate percorrendo il tracciato della gara MTB “La Via del Sale”.