
Monte Zerbion 2008

agosto 2008
Settembre andiamo è l’ora di migrar… Le poesie delle elementari ti restano appiccicate ed escono così senza chiamarle. Sono strani i ricordi restano nell’aria per anni poi basta un annusata, si infilano dalle narici nell’anima e li si annidano per andare con voi nel giorno che nasce. Somigliano alle vacanze quando sono agli sgoccioli e tu scendi un ultima volta in spiaggia con la bottiglia per imprigionare un piccolo mare da porre nella stanza-cambusa per i lunghi giorni dell’inverno che verrà. “Questa salita è lunga più di mille metri e sempre sopra al dieci per cento. Andiam su con riserva” dici tu. “Solo per farti un piacere” risponde Armando. Seguite il richiamo dell’acqua per riempire le borracce prima di partire. Un gatto-pirata vi segue nelle operazioni. L’aria frizzante del mattino vi rinfranca. La strada sarà lunga e preoccupa un poco il pensiero. Subito vi alzate sui campi di patate e segale. Curve e tornanti come i cerchi infiniti della poiana-gabbiano segnano i pendii che affrontate. Il pendio-mare sembra sconfinato e vi toglie anche le parole. Siete al limite della tenuta e le gomme-prue segnano le ghiaie. I fiori delle rive si perdono nei vostri occhi bambini. I fili della alta tensione sono onde dorate dal sole con loro ritmici su e giù, un mare magico che sale verso il cielo. Lo seguirete sino al colle-porto che ora comincia a vedersi sopra il bosco. Incontrate un pastore-nostromo che scende in fuoristrada-vascello dai pascoli alti lo precede giocosa una piccola muta di cani-delfini. Pochi scambi di battute, più gesti che parole, è slavo e non parla l’italiano. Ora la salita-oceano è una rampa verso le nuvole che si addensano sulla cresta. Adesso siete lontani da tutti e poter assaporare il silenzio è un premio alla vostra fatica. La cresta è una scogliera. Un altro mare d’erba ci si frange. Onde di nebbia salgono dal basso e segnano il confine fra il crinale e l’abisso. Siete in un mondo che si fa sconosciuto. Sole isole sicure da raggiungere le rocce verso cui cercate di veleggiare sulle grandi onde erbose che scompaiono d’improvviso. Ai tempi dei tempi dei tempi poteva esser davvero una spiaggia. Per le vostre navi a ruote oggi il porto è la sella del colle prima dello strappo finale. Come in un canto omerico salite la traccia verso gli oracoli. Oggi gli dei, benigni, non vi ostacolano e trovate segni d’amore, d’affetto ma anche di morte. Ai piedi della parete la lapide ricorda una vita spezzata. Il mistero dell’uomo è dentro di voi mentre salite ancora incontrando due vecchi. Sereni e decisi salgono lenti ma ormai certi dell’arrivo. Parlano volentieri e ascoltandoli sapete quale sarà il senso da dare alla vita. Adesso la traccia è scandita dalle stazioni di pietra della via crucis. Il buon compagno vede già la vetta e si rinfranca. “Ho visto la Madonna” dice. “Sarà alta sei metri e tutta bianca” confermi tu. “Allora non è una visione” ribatte allegro Armando. “Non mi sembrano santi tutti quelli ai suoi piedi, magari lo diventeranno da grandi” riprendi per far due parole. Il silenzio ha lasciato il posto all’allegro vocio di bimbi. Il gruppo ha salito la vetta dall’altro versante e ora si gode il meritato riposo. Vedete passare panini, bibite e cioccolate e la fame vi ricorda che è meglio mangiar qualcosa pure voi. “Andiamo verso valle?” chiedi. “Certo” risponde l’amico. Scendendo incontrate altri che vi confermano: le bici-velieri sono ancorate al colle-porto. Una sosta alla statua del Cristo sul poggio vi porta fugaci viste sulla valle che va e viene nella nebbia. Armando propone un giro di telefonate agli amici in ferie su veri scogli mediterranei. Per dieci minuti siete ora in Sicilia ora in Grecia. Finirete per trovare anche Roberto, appena tornato da mete esotiche, che accampa mille impegni lavorativi alla proposta della prossima gita domenicale. Le risate e la voce di Armando richiamano gli sguardi di più di un escursionista che alza lo sguardo verso di voi. E’ un vento buono quello che vi spinge a rollare sulle lunghe onde verso la valle, niente Borea tempestosa sui novelli compagni di Ulisse. Zerbion-Isola dei Feaci vi lascia tornare alle vostre Itaca e voi sedete, infine, uno accanto all’altro, felici e stanchi sino allo scendere della sera con le sue tremule stelle. (Nota dell’autore: mangiando e bevendo…)